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I Film



CANNES 2019: Sorry we missed you

di Ken Loach, con  Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor
GB, FRANCIA, BELGIO 2019

Era il 2007 quando Ken Loach, parlando di mestieri precari, usava (ironicamente) l’espressione “In questo mondo libero”. Nonostante il lavoro sembri sempre più autonomo, fra partite IVA e piccole imprenditorie, di fatto sono state le grandi multinazionali ad acquisire maggiori “libertà” (di fare un po’ quello che pare loro). In questo (meraviglioso, perché sentito) film, infatti, i soliti (meravigliosi, perché autentici) attori alla Ken Loach mettono in scena un teatrino familiare contemporaneo devastato dalle neo-schavitù professionali, quelle che impediscono ai genitori di stare vicino ai figli, così (indirettamente) impedendo una crescita sana della società tutta. Se la moglie, infatti, svolge un mestiere autonomo, cioè senza alcun genere di contratto e limite temporale, quello della badante a servizio di poveri vecchi abbandonati dalla società e dalle strutture pubbliche, il marito è messo peggio, perché il contratto che ha firmato con un grande distributore (il riferimento all’Amazon di turno è evidente) pone a suo carico tutti gli oneri dell’autonomia, dai rischi della salute alla precarietà economica all’acquisto dei beni strumentali, ma di fatto gli accolla tutta una serie di dipendenze che dovrebbe avere se fosse il lavoratore assunto (e tutelato) che non è, dagli orari ai provvedimenti disciplinari al bisogno di essere sostituito. È così che il suo camioncino, quello con cui fa le consegne, diventa l’emblema di una prigionia che porta gli stessi figli, al netto degli errori dell’età, a dover supportare psicologicamente un padre devastato dalle ingiustizie social.

Il film scende giù in gola come una Vodka lemon la cui temperatura (ghiacciata) esprime il “gelo” – ovverossia il disinteresse – della società tutta verso le persone. Nascondendo l’alcool, cioè gli effetti brucianti di una realtà lavorativa inaccettabile, e ammansendo l’acido del limone che rappresenta il bisogno di ribellione (muscolare, come succede mangiando la frutta senza zucchero) del protagonista.

Marco Lombardi